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Una casa senza cucina è possibile?

Il futuro dell’edilizia passerà anche dalle case prive della cucina? Per noi italiani, almeno per la maggior parte, suona come un sacrilegio.


La cucina è il cuore della casa, dei suoi profumi, del ritrovarsi insieme la sera, del preparare il pranzo della domenica. Eppure, già in tante zone del mondo non è così. Prima del Covid, il tema delle kitchenless houses sembrava imporsi come uno dei mega trend del futuro. E si azzardava addirittura una data: entro il 2030 tutte le nuove abitazioni potrebbero rinunciare alla cucina.



Di sicuro, non sarà così. Ma l’argomento resta in piedi e permette di scoprire curiosità e abitudini da ogni parte del mondo.


Una casa senza cucina: le differenze da paese a paese

A seconda dei luoghi, la casa senza una cucina assume contorni molto diversi. In Peru esistono da decenni le comadores populares, grandi refettori dove migliaia di persone mangiano spendendo pochi sol (la moneta locale), per poi ritirarsi in abitazioni piccole e scarsamente servite, spesso appunto senza cucina.


Ma qui si tratta di programmi di assistenza sociale, a beneficio di larghi strati di popolazione che vivono in condizioni di disagio, nelle grandi metropoli come Lima.


Dall’altra parte del globo, in Asia, effettivamente tante persone non si curano di avere in casa vere e proprio cucine attrezzate, abituate anche a qui a mangiare, a poco prezzo, comprando il pranzo e la cena in una delle tante bancarelle per strada che giorno e notte cuociono spiedini, friggono polpettine e preparano altre pietanze locali.


Nel mondo occidentale, invece, la casa senza cucina assume altre vesti. Un po’, rappresenta una di quelle idee trendy proposte dagli architetti/designer contemporanei. È il caso della spagnola Anna Puigjaner, che in diversi studi elabora il concetto di abitazioni con servizi in comune, dalla lavanderia alla cucina.


Ma in chiave tutt’altro che economica, anzi, in un’ottica di design e di utilizzo moderno degli spazi. Studi interessanti, in pochi casi comunque tradotti in realtà.


Le case del futuro (senza cucina)

Più che il design, il concetto riguarda soprattutto le nuove abitudini di vita. Nel 2018, trattando dei trend del futuro, un report della banca d’affari UBS aveva esplorato il tema, con considerazioni centrate sui tempi che viviamo anche oggi.


Le grandi app di delivery iniziavano a spopolare, specialmente nel mondo anglosassone: Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia. Si sprecavano gli studi sui Millennials, sempre più a corto di tempo e sempre più abituati a sbrigare tante faccende con l’utilizzo del cellulare. Secondo UBS, i Millennials consumano al massimo un terzo dei loro pasti a casa, contro il 41% dei Boomer. E spendono in media 88 minuti alla settimana per preparare da mangiare, contro i 143 minuti dei Boomer. La metà. In più, il prezzo delle case nelle grandi metropoli è da sempre un problema. Quindi il passo era breve per ipotizzare di far sparire una stanza che, tutto sommato, poteva risultate inutile.


La cucina, appunto. Meno spazio necessario, meno soldi da spendere per l’acquisto. Si cominciava a prevedere la scomparsa dei fornelli dalle case.


E in effetti, la casa senza cucina esiste. In Australia, in città come Melbourne, sono numerosi gli appartamenti dotati soltanto di un angolo con bollitore e una presa per il tostapane, così da risolvere la colazione. Poi, tra ristoranti (visto l’alto tenore del reddito medio) e delivery a casa, non c’è bisogno di spadellare.


Lo stesso avviene ad Hong Kong, che tra i suoi 7 milioni di abitanti conta migliaia di persone che vivono in micro appartamenti con servizi condivisi, senza cucina o al massimo con un angolo cottura angusto.


Pandemia: la cucina è stata rivalutata?

I problemi, inattesi, sono arrivati però con il Covid. Costrette in casa, le persone hanno dovuto fare i conti con la necessità di mettere a tavola qualcosa di più del pane tostato. E hanno capito che sfruttare il delivery per 14 pasti a settimana fosse davvero troppo.


In piena pandemia, un divertente articolo apparso sul blog dell’università australiana UNSW (University of New South Wales) si chiedeva se la morte della cucina non fosse stata decretata troppo in fretta.


Più seriamente, la Reuters, dopo l’ennesima chiusura dei ristoranti disposta ad Hong Kong, rimarcava i problemi affrontati da tanti lavoratori.


Cosa riserverà il futuro?

Difficile da dire. La contrazione della metratura media delle case è un fatto assodato, ma con lo smartworking che avanza sarà difficile per i costruttori scendere sotto una certa soglia. E anzi, forse servirà un correttivo inverso.


Quanto alla cucina attrezzata, gode ancora di lunga vita, specialmente in Italia. Ma non esiste un obbligo di legge a proporla nelle abitazioni. Sul fronte dei consumi, l’attitudine verso il delivery cresce.


Secondo l’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano, nel 2022 il settore ha generato un valore di 1,8 miliardi di euro (+20% sul 2021) e oggi il 71% degli abitanti italiani ha accesso ad almeno una app di consegna di piatti a domicilio.


Più questi servizi si estendono e più catturano utenti, riuscendo al contempo ad abbassare i costi di consegna. Dunque, è un fatto assodato che in futuro meno persone sentiranno l’esigenza estrema della cucina con quattro fuochi, il forno, la cappa e il bancone per tagliare la cipolla.


Una fetta di popolazione, ne farà a meno. Già oggi non è difficile delineare una nicchia di studenti, o lavoratori che risiedono in città magari per solo 5 giorni a settimana, disposti a prendere in affitto un’abitazione con soltanto un angolo cottura elettrico, magari con forno a microonde, bollitore e un tavolino.


E addio cucina. Non il suo funerale, ma il nascere di una nuova fetta di mercato.

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